Bedin, l’operaio della grande Inter

C’erano tempi in cui il calcio era un incastro di numeri. Il 5 marcava il 9, il 3 marcava il 7, il 2 l’11 e il 4? Il 4 marcava il 10. E nella grande Inter il 4 era Gianfranco Bedin, che sostituì Tagnin. Classe 1945, di San Donà del Piave, cresciuto in un ghetto talmente povero da essere ribattezzato “Mathausen”, cottimista in una fabbrica di carrozzine, per lui, come per tanti altri, il calcio fu l’occasione per uscire dalla povertà. L’Inter lo soffiò alla Juve e per lui fu una fortuna, perchè con i nerazzurri vinse tutto. E in campo il lavoro operaio toccava a lui, epici i duelli con Rivera, con Eusebio e in nazionale con Pelè, il più grande di tutti. Come Guarneri, Bedin non giocava cattivo, ma d’anticipo, era lui a rubar palla e a far ripartire l’azione, anche se – come ricorderà anni dopo – Rivera non lo sopportava perchè non accettava nemmeno quel minimo contatto fatto di piccole trattenute. Correre, sacrificarsi, per lui era un piacere, lasciando la ribalta e le copertine agli altri. Finita la carriera agonistica Bedin trovò una nuova occupazione nel campo delle assicurazioni, prima di tornare nel mondo del calcio come osservatore dell’Inter, giusto per scoprire che quello che manca ai calciatori di oggi non è la tecnica, ma la fame.

Fonti: “Bedin, vita da mediano, quando marcavo Eusebio e Rivera”, La Gazzetta dello Sport, Sebastiano Vernazza, 6 agosto 2009. “Bedin, l’orgoglio del numero 4, www.storiedicalcio.altervista.org”