Ognuno difende il suo operato, ma ognuno deve assumersi la sua responsabilità

Cari amici, stavo riflettendo su questi ultimi anni, da quando non c’è più Moratti alla guida della società mi sembra che sia andata consolidandosi una linea di condotta che porta ogni componente dell’Inter a difendere il proprio operato, scaricando le responsabilità sugli altri. L’allenatore è stritolato in una manovra a tenaglia di giocatori e dirigenti, al quale reagisce rispedendo al mittente le accuse, magari attaccando la stampa emulando Mourinho, ma con attacchi che in realtà sono un modo per mettersi i tifosi dalla propria parte distogliendoli dai veri problemi e dall’altra è un parlare a suocera perchè nuora capisca. Quante volte abbiamo sentito dirigenti affermare di aver fatto un grande mercato, ma ora toccava all’allenatore assemblare il tutto, giocatori lamentare la disorganizzazione della società, allenatori lamentare la scarsitudine dei giocatori. Come detto, non c’è più l’unità d’intenti, manca quella figura che unisca, magari lo spirito di appartenenza, ognuno fa il suo compitino e corporativiscamente lo difende. Manca una figura che abbia l’autorevolezza e anche la nobiltà d’animo di poter essere riconosciuto come superpartes, un Moratti, un Facchetti. Grandi speranze erano risposte in Javier Zanetti, si sperava potesse essere lui il collante in grado di dare un’anima a questa società sballottata tra cambi di proprietà e crisi d’identità. Ma forse era un ruolo più grande di lui. Serve una grande unità, ma anche una grande trasparenza, un senso di lotta comune, chiarezza, un centro che assorba le spinte periferiche, ma che esalti anche i talenti individuali. Amala.