L’Inter di Massimo Moratti e l’Inter di Marotta
MM, come metropolitana milanese, che intanto si sta estendo in tutto l’hINTERland, per una città sempre più metropolitana. Ma anche Massimo Moratti, ma pure Moratti&Marotta. Queste sopratutto sono le due M della nostra storia. Come Milano. Cosa mai avrò voluto dire? per ora niente, solo introdurvi in una leggenda che ci racconta di gioie, ma in modo completamente diverso. Da una parte c’è veramente l’ultimo romantico del calcio, un presidente che ama la sua squadra, ma soprattutto vuole far felici i tifosi, ma per farlo non può regalare trofei subito, perchè per quello ci vuole tempo e bisogna passare per diverse traversìe, la cosa più immediata allora è comprare il giocatore più forte al mondo, che nel 1997 si chiama Ronaldo, ha 20 anni, è un ragazzo semplice, e ma sopratutto è un fenomeno, ed è brasiliano. Lui si muove e fa le cose con una velocità e una rapidità che può sembrare quasi cattiveria, ma in realtà lo fa con una ingenuità, una semplicità, quasi una bontà, devastante per gli avversari. Il calcio come gioia e allegria. Ma questo vi avevamo detto, questa è l’ultima squadra romantica del calcio, a immagine e somiglianza del suo presidente, che però vuole vincere; è una squadra pazza anche, lo rivendica con orgoglio, che per dire va in svantaggio di due gol e poi ne fa tre nei minuti di recupero, ma è un gruppo di giocatori che sembra confliggere con il calcio allineato che avanza in quei anni, piena di fantasisti infatti, come Roberto Baggio e Recoba, gli ultimi numeri dieci, ma anche l’ultimo sette come Figo, eppure il presidente quasi a non voler ascoltare il suo istinto fino in fondo che lo porta a emulare la grande Inter di suo padre con certe caratterisitiche, dopo aver preso tanta qualità individuale finisce coll’ingaggiare allenatori ottundenti con questo stile di vita calcistico come Zaccheroni, Lippi, Cuper, esonera al contrario l’eclettico e saggio Simoni invece, che esaltava le individualità, ma poi il presidente si pentirà.. Alla fine però anni dopo i tituli e la gioia infarcita con essi arriveranno, prima con Mancini, poi con Mourinho..
Ora facciamo un salto a piè pari saltando senza rimpianti gli orrendi anni dieci, che comunque abbiamo seguito con passione e fedeltà su queste pagine senza perdere una partita, e arriviamo all’altra M, quella di Marotta. Oggi Marotta non è solo il direttore sportivo, affiancato da Ausilio e Baccin, ma è anche il presidente dell’Inter. Non è casuale. Perchè questa è l’Inter targata Marotta, proprietà prima cinese e poi americana certo, ma lui è la continuità ma sopratutto l’impronta e il caratteristico carattere di questi ruggenti anni ’20 che si apprestano al loro secondo tempo, quelli che cercheranno di cingere i tanti trofei nazionali già vinti nel primo tempo del decennio con un grande titolo di segno europeo o mondiale. E’ un’Inter dunque per certi versi opposta a quella precedente, ma la passione e la voglia di vincere è la stessa. Non più genio e follia però, ma una scelta accurata del materiale umano individuandolo prima di tutto nella testa e nella professionalità dei giocatori, gli uomini giusti, senza però perdere il talento e il valore tecnico certo, ma prima di tutto bandite le teste calde, un nucleo fondante di giocatori italiani anche, un allenatore che non straborda nell’ego confliggendo con la dirigenza granitico nei suoi dogmi, ma al contrario è di buon senso, ma con idee innovative, che infonde fiducia e sicurezza e fa scivolare critiche e pressioni, basso profilo mediatico e alta fedeltà ai colori. Attenzione però, prima si è passati per un altro allenatore, Antonio Conte, lui ha messo le basi per questa nuova Inter, ma ha voluto però fare uno strappo troppo eccessivo con la vecchia Inter, ha bandito l’inno “pazza Inter”, giocatori messi alla frusta, troppo, con Inzaghi invece si è trovato il giusto equilibrio, con tanta sapienza.
Questi sono stati due piccoli ritratti di due Inter, che ho pensato di fare, ma ricordando che quest’ultima sta ancora scrivendo la sua storia, road to the Champions. C’è ancora da scrivere pagine di storia.