Il delirio retorico peronistacastrista in morte di un calciatore

Rispetto per Maradona, non per i suoi adepti pagati con le tasse degli italiani

Condoglianze a Diego Armando Maradona, per la sua morte, le sue giocate, che (ci) hanno fatto sognare tutti gli amanti del calcio, compreso chi scrive, ma il giornalismo italiano evidentemente non può fare a meno di sbrodolare retorica e strumentalizzazioni politiche di fronte ad un giocatore che abbandonata la carriera calcistica 25 anni fa, si è autoproclamato come una una sorta di Che Guevara in salsa postmoderna, cioè chavista e populista, cioè di un comunismo che oltre agli errori del ‘900 ha aggiunto l’amicizia verso i regimi islamici, l’antisemitismo e quel colonialismo all’incontrario che è il terzomondismo, l’odio razzista verso il nord. Non giudichiamo le sue attività individuali, i suoi “vizi”, sono fatti suoi, giudichiamo un giornalismo italiano che più che Sky sembra tele Sur del Venezuela, più che la Rai sembra la Granma, organo ufficiale del partito comunista cubano, con massicce dosi di veleno verso le cattivone squadre del nord Italia, cattivone riccone, eppure chi ha buona memoria sa che Maradona se ne voleva andare dal Napoli, si dichiarò ostaggio di Ferlaino. Ma sopratutto ci si dimentica di dire che Fidel Castro non era un ribelle ma un dittatore che ha incarcerato per 20 anni dissidenti per reati di opinione, che in Venezuela l’esercito spara sugli studenti. Altro che ribelle, Maradona è stato un grande calciatore, ma dopo la carriera calcistica si è trasformato in una una mascotte marionetta delle peggiori dittature e dei peggiori caudilli sudamericani. Finiamola con queste buffonate. Siamo nel 2020. Buon riposo Diego, sperando che chi ti paragona al Papa, a Evita Peron, Fidel Castro, Chavez e altri dittatori rossi, non meno feroci di quelli neri, non disturbi il tuo sonno.