La parabola storica degli allenatori, da portaborse a “duci”

Lo spunto viene da Antonio Conte che, nei mesi scorsi ha duellato con Mourinho tra scambi di “pagliaccio” contro “demente senile” contro “squalificato per calcioscommesse”, contro “piccolo uomo” e il resto alle prossime puntate. Da seguire perchè dallo scontro tra allenatori siamo già entrati, anche in Italia, nella fase del plateale rifiuto da parte del tecnico verso il giornalista se fa domande inopportune, nel senso di sgradite. In Inghilterra aveva iniziato sempre lui, Conte, rispondendo a giornalisti che osavano criticare il gioco dei Blues con frasi del tipo: “Sono tutte ca*** te” o con variazioni come “Stro**ate” e pure di grande classe la risposta data al giornalista che gli ha fatto una domanda da lui ritenuta inaccettabile: “Ma chi ti ha dato il brevetto per fare il giornalista?”. Andiamo in Italia perché la lista sta aumentando e ci limitiamo a ricordare Mihailovic, che al giornalista di turno disse: “Che Ca***ata di domanda fai!”, ma per non continuare ad elencare altre frasi di così alto livello, ricordiamo i vari Allegri, Sarri (poverino, sempre a che fare con qualcuno che gli procura rottura di co****ni). Da ultimo il tecnico toscano, che già aveva dato del “finocchio” a Mancini, dopo l’ultima partita si è prodotto in una frase maschilista contro una giornalista, “non ti mando a fare in… perchè sei carina”. Gli aveva semplicemente chiesto se dopo il pari con l’Inter le speranze scudetto del Napoli erano diminuite.

A casa nostra abbiamo invece Spalletti che ormai attende il giornalista di turno per aggredirlo e tacciarlo di incapacità (qualche mese fa ha dato del “perdente” al giornalista colpevole di domanda sgradita). Questo è il Dolce Stilnovo alias l’allenatore che sbrocca. Anche se ormai Spalletti ha da settimane dirottato i suoi strali contro la propria società e i suoi giocatori, tanto per non farsi mancar nulla. Allora ricordo che proprio la stampa inglese ha recentemente esaltato il Centro di Coverciano per allenatori considerandolo il migliore al mondo. Viene da proporre ai responsabili del centro di introdurre una importante novità: convocare non solo candidati allenatori, ma anche chi vuole diventare bravo, vero giornalista, e fare un corso sul come fare domande agli allenatori e quelli che non passeranno l’esame saranno esclusi da qualsiasi conferenza stampa, oppure, visto che a giugno ci saranno i mondiali, si potrebbe passare ai trattamenti in stile russo. Ironia a parte preferiamo ricordare una frase di Roberto Benigni di anni fa da rivolgere a questi allenatori e cioè : “Ma che è, ce la si dà una regolatina?”

Ma non sempre è stato così. Fino agli anni ’60 l’allenatore di calcio era considerato un portaborse, era sottovalutato e ingiustamente bistrattato, nonostante esempi di grandi tecnici come Arpad Weisz. Si deve ad Helenio Herrera, alla sua istrionica personalità, la giusta ascesa del ruolo di allenatore, che con lui e da allora venne considerato con la giusta importanza e la necessaria considerazione. Oggi, però, le cose si sono ribaltate e si è passato da un estremo all’altro. Un recente studio ha dimostrato come gli allenatori sono più citati dai media rispetto a calciatori e presidenti. Una centralità mediatica che li mette sotto i riflettori e ne fa di volta in volta degli adulati “condottieri”, “duci”, “profeti”, quasi dei leaders totalitari acclamati da followers plaudenti e giornalisti impauriti. Dei caudilli sudamericani che sfoggiano le piume, lo sberleffo, fanno smorfie, conferenze-comizi chilometrici, ostentano la volgarità machista e affascinano le menti più deboli. I risultati, il gioco, invece non contano più nulla. Non rispondere del proprio lavoro, ma ridurre tutto ad una estetica del potere e della forza dove quello che conta è l’impatto mediatico, è unito alla capacità di usare i media per aumentare le proprie rendite di posizione verso società e giocatori, per dirottare le frustrazioni dei tifosi, specie quelli di livello socio-culturale più basso, verso gli odiati giornalisti. Per quanto ancora?