Le quattro Italia-Germania nella storia, il capitano guappo e Mario l’italiano

Italia-Germania 4-3

Le Italia-Germania passate alla storia sono ora quattro, ma non sono tutte uguali e non sono un’unica lunga partita. La prima fu la partita del secolo, inarrivabile e unica, il 4-3 del 1970 ai supplementari con i gol di Boninsegna, Burgnich, Rivera e Riva. Una squadra che giocò con due punte centrali (Riva e Boninsegna) un’ala destra (Domenghini), un terzino sinistro, Facchetti il capitano, che di fatto faceva l’ala sinistra e un trequartista, la staffetta Mazzola-Rivera. Dall’altra parte uno stoico Beckenbauer giocò con il braccio al collo, un iroso Muller e giocatori come Overath e un portiere come Maier diedero del filo da torcere ad un’Italia comunque più forte. Una partita giocata sul filo della tecnica e dell’atletismo a 2000 metri di quota, senza tatticismi. Una partita eroica e da leggenda. Tutto diverso nel 2006, squadre contratte, partita bruttarella e Italia senza gioco. 0-0 al 90′ infatti e un calcio noioso, falloso, distruttivo. La partita di ieri invece è quella che si avvicina di più alla finale dell’82, Italia compatta, che si distende al momento giusto e che conduce la gara anche quando si difende.

mario
Mario Balotelli

Il calcio è cambiato in peggio, ma nelle ultime due partite Prandelli ha saputo ridare all’Italia un gioco e mettere in luce i talenti. Se l’Italia di Lippi andava avanti con il rigorino di Totti, il tiro della domenica di Grosso e le sportellate di Materazzi, oggi possiamo parlare di campioni, con Pirlo non più obbligato al lancio lungo, ma regista vero, Balotelli, Di Natale, Montolivo, Cassano che creano trame di gioco e una difesa dietro che non ha bisogno di randellare. Sintomatico in questo la metamorfosi di Chiellini, fabbro nella Juve, difensore agonistico nell’Italia. Con questo i risultati sul campo (quello vero, non quello telefonico prefisso 30 di Moggi) non fanno dimenticare che Prandelli ha fatto carta straccia del suo codice etico, e che non si può passare da capitani quali Facchetti e Zoff, signori del calcio, a guappi come Cannavaro e Buffon. La scena di un capitano che esce a fine partita come una prima donna isterica abbandonando la squadra è l’ultimo tassello di un problema che si risolve così: Buffon non può essere il capitano della nazionale italiana, perchè divide, è marcatamente di parte, si è autoproclamato portavoce dell’orgoglio di essere italiani, ma è troppo ignorante per non tramutare l’orgoglio in arroganza. Ma ovviamente anche questa volta sentiremo la lezione a Balotelli su come dove esultare e con Buffon tutti zitti. Perchè? Perchè gioca nella Juve. Consoliamoci con l’idea di quanti cantavano “non ci sono negri italiani” e che ora sono costretti ad esultare ai gol di Mario l’italiano. Non è poco.

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