La demagogia pauperista del fair play finanziario

Molti tifosi interisti si chiedono cosa stia succedendo. Sembra che la Uefa abbia messo sotto la lente d’ingrandimento solo noi dell’Inter. Dopo aver rispettato negli ultimi anni i parametri del fair play finanziario, ci troviamo ancora a dover chiudere il prossimo esercizio con una perfetta parità di bilancio, nonostante l’anno prossimo non giocheremo nelle coppe. Intanto il Milan rimanda l’agreement con l’Uefa a novembre e ne approffitta per scatenarsi. La realtà è che tu puoi anche essere Jindong Zhang, uno degli uomini più ricchi del mondo, ma quanto puoi spendere lo decide l’organismo internazionale del calcio. Fair play finanziario vuol dire sostanzialmente gioco finanziario corretto e equo, un ossimoro, una contraddizione in termini. Ma con chi ce l’hanno all’Uefa? Coi mecenati come Moratti, che gestivano la propria squadra come meglio credevano e volevano, cioè gettando a fondo perduto parte del proprio patrimonio personale. Tutto ciò però non era “equo”, giusto, politicamente corretto, forse i pudori egualitaristi che attraversano l’Uefa non sopportavano che ci fossero società ricche e altre meno ricche, ma come tutte le cose demagogiche e pauperiste introducendo le nuove norme non hanno aiutato i poveri e hanno reso ancora più ingiusto il sistema. Succede che ora sopravvive solo chi gestisce il proprio club come un’azienda, ma sopratutto solo chi ha un bacino di utenza ampio, in grado da generare introiti. Il divario trai i piccoli club con pochi tifosi e quelli con tanti tifosi disseminati in tutto il mondo è destinato a salire, questo sarebbe equo, giusto e corretto. L’Inter al momento si trova in mezzo al guado. Speriamo bene.